11.20.2006

un cambio non voluto.

*tutto questo perché oggi, durante un’intervista mi sono chiesto, quanto tempo ancora?
"fare la radio è qualcosa di reale, che va al di là delle casse dello stereo.” 08.06.2006

*Che cosa vuol dire “fare la radio”?

È una domanda che mi pongo spesso, specialmente in questi giorni. In questi ultimi due mesi. Negli stacchi di tempo, fra una stagione e l’altra che spesso vogliono dire semplicemente un giro di pagina, da quanto poco durano. Ed è un bene chiederselo oggi, dopo tre giorni passati davvero in radio, dopo settimane e due mesi quasi finiti, quando è ancora difficile dire chi sarà campione d’inverno. A pensarci, molto spesso chi è campione d’inverno finisce per vincere il campionato, anche se la storia – anche recente – ricorda di rimonte incredibili. Ora, di prevedibile, nella situazione in cui siamo ora c’è molto poco. Forse anche perché abbiamo imparato a convivere con le difficoltà in modo che minino la nostra idea di futuro, ma non il presente. E così se non puoi pensare così lontano, ti chiedi semplicemente da dove stai chiamando, risponderai?

Le persone che passano, così velocemente da quasi non accorgertene, il valore del tempo che, semplicemente, non c’è. Non c’è più. Rimangono anche poche parole da dire – una settimana dopo l’altra, quando capitano gesti difficili da comprendere, anche perché forse avremmo bisogno di parole migliori nei momenti giusti, e meno in generale. anche se la tendenza sembra essere opposta e di difficile interpretazione: forse il silenzio ha un valore di per se, qualcosa significa.

E così se quello che ti fa arrivare in fondo sono quaranta secondi di intro, bastano. L’importante è che – anche se il resto della canzone non è come vorresti che fosse – li puoi sempre rimettere su, no? Forse. A un certo punto anche scoprire che le proprie risposte sono simili, vista la difficoltà di cambiare, portare qualcosa di nuovo, per far si che tutto (o niente?) si trasformi. Anche se vogliamo davvero che sia così?

È passato molto tempo da quando ho scritto qualcosa, anche qui. Ci sono posti nuovi ora, anche se so solo che dovrei andare lì, e considerarla come una casa, e non sentirmi a metà strada fra quello che conosco e conoscevo come mio e ciò che è nuovo, diverso a suo modo. Solo che spesso mi capita di arrivare davanti alla porta di casa e prendere le chiavi della radio, accorgendomi solo dopo che non sono quelle giuste, che insomma una cosa è sbagliare e una cosa è reiterare i propri sbagli, come piccole sbavature d’inchiostro. Era la penna stilografica, e le dita a fine giornata erano sempre blu.

Fare le domande, a volte serve. Altre meno. Le risposte sono sempre un po’ impegnate, in altro.

Nessun commento: